Bitcoin adorno di stelle
Bitcoin è il pallino dei candidati minori alla Casa Bianca. C'è chi si spella le mani di fronte all'ennesima campagna elettorale che ci vuole prendere per gonzi
La settimana dei mercati - compreso quello di Bitcoin - è stata dominata dalle trattative per l’innalzamento del tetto massimo del debito negli Stati Uniti d’America. Verrebbe da chiedersi a cosa serva un tetto se poi può essere rimosso ogniqualvolta ce ne sia bisogno, ma questa non è una pubblicazione di economia domestica e quindi dovremo occuparci di altro.
È la settimana dei morti che camminano: si torna a parlare di un reboot di FTX, la stampa tradizionale accusa Bitcoin di essere ciccia per le avide forchette delle mafie e…
Chiude anche Unbanked - un servizio che voleva colmare il gap tra Bitcoin e il mondo bancario tradizionale. Carte, conti, bonifici: con Unbanked si può fare quasi tutto, compresa l’integrazione con Google Pay e Apple Pay. Aveva anche cercato e ottenuto nuovi finanziamenti privati per far fronte a un momentaccio per tutti gli intermediari del settore.
Soldi che però, pur promessi, non sono mai arrivati. Da qui la commovente lettera di interruzione di ogni tipo di servizio nel giro di un mese, lettera che cita anche le stringenti regole USA come causa dei problemi dell’attività. Probabilmente vero, per quanto il sospetto che inizi a essere una scusa per servizi con pochi utenti e poco fascino è sempre più concreta.
FTX riparte? Non è chiaro ancora. Quel che è chiaro è che il nuovo CEO di FTX, quello che sta accompagnando l’exchange verso il fallimento tramite Chapter 11, sta fatturando alla malmessa baracca ore e ore per valutare un fantomatico piano di ripartenza per l’exchange.
Qualcuno si eccita, altri lo ritengono impossibile, nessuno però legge tra le righe: a spingere per una ripartenza sono alcuni dei più importanti creditori della società, che sembrano ignorare che il fisco abbia chiesto a FTX la bellezza di 44 miliardi di dollari, una cifra che l’exchange non ha e mai avrà in futuro.
E sì, il Fisco va saldato prima di qualunque altro creditore. Nel frattempo però John Ray III, CEO a quasi 2.000$ del fallimento di FTX, continua a fatturare ore al gruppo.
Shock da Il Fatto Quotidiano - il popolare giornale pubblica un articolo (che sembra un verbale della Guardia di Finanza, ma non ne abbiamo le prove) che racconta dell’incredibile scoperta dei grigi. In un capannone a Lainate la mafia avrebbe detenuto qualche decina di migliaia di euro in contanti e dei computer che _evidentemente_ servivano per riciclare soldi in Bitcoin.
Non è chiaro come, non è chiaro perché, non è chiaro cosa c’entri il gran numero di computer. Il pezzo però gira, si fa un paio di giorni al top in Google News e creerà l’ennesimo esercito di vistocheservesoloaicriminali?
Opinione impopolare: le valute utilizzate dai criminali sono in genere le più solide. E forse Bitcoin potrebbe uscirne quasi lusingato da questa vicenda. E due: i criminali conducono la maggioranza delle loro operazioni in dollari e euro. Mettiamo sotto inchiesta anche quelli?
BitPanda e Coinbase insieme - i due gruppi collaboreranno per offrire sul mercato europeo servizi di custodia istituzionale. Che vuol dire? Sei un miliardario? Oppure magari sei una banca? Ti serve qualcuno che custodisca i tuoi crypto asset? Potrai passare da BitPanda, che poi girerà il tutto a Coinbase.
Per quanto a qualcuno verrà certamente l’orticaria, è un segnale importante: le regole astruse che hanno governato il settore fino a oggi hanno certamente sortito degli effetti. No, non è una maggiore sicurezza, ma la concentrazione crescente di attività in capo a pochi soggetti che si sono mossi per tempo.
Questo aumenterà a dismisura i rischi in futuro, pur essendo il piano preciso tanto di Bruxelles quanto di Washington.
The Star-Spangled Bitcoin
Se ce lo avessero detto un paio di anni fa, li avremmo presi per matti. E invece eccoci qui a commentare non uno, non due ma tre candidati alla Casa Bianca che, per la loro campagna elettorale, stanno ricorrendo anche a Bitcoin.
Non si tratta soltanto di ricevere delle donazioni utilizzando $BTC - le campagne elettorali negli USA sono così costose che probabilmente accetterebbero anche Metical del Mozambico. Si tratta di cavalcare un po’ quello che Bitcoin rappresenta. E cioè secondo loro il sogno americano.
Ultimo in ordine temporale ma certamente non di importanza è Ron DeSantis, attuale governatore della Florida e capofila dei critici dell’eventuale dollaro digitale.
Prima questione: Ron DeSantis, per quanto indietro rispetto a Donald Trump nei sondaggi, è il più solido dei candidati pro Bitcoin. Gli altri due, Kennedy e Ramaswamy hanno zero possibilità non solo di vincere, ma anche di spostare in modo visibile gli equilibri.
Seconda questione: Ron DeSantis più che apprezzare Bitcoin ce l’ha con l’eventuale dollaro digitale. La questione non sembrerebbe essere granché tecnica o filosofica. Almeno in queste prime schermaglie sembrerebbe riproporsi la vecchia dicotomia americana tra governi locali e federali. Avete presente il poliziotto della contea sempre infastidito dall’arrivo dell’FBI? Ecco.
Terza questione: a sostenere Bitcoin sono comunque sempre gli underdog, i candidati che hanno meno chance di vittoria e che - dicono le malelingue - sarebbero pronti a sostenere di tutto pur di recuperare qualche punto nei sondaggi. O i più strampalati, per i più maliziosi.
Non sappiamo quale sia l’animo di Ron DeSantis. Non sappiamo se in segreto abbia il suo stash di Satoshi. Non sappiamo perché abbia deciso di mostrarsi come candidato pro Bitcoin, se per convinzione personale o per guadagnarsi quel punto percentuale o ancora se per attaccare un Trump che si è sempre detto monomaniaco sul dollaro.
Lo scopriremo solo vivendo.
Certo è che passando dal Principe di Serbia a Ron DeSantis qualcuno dirà che di strada ne è stata fatta.
Chissà se nella direzione giusta.